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Il Pino Cembro: quando la natura diventa tradizione

La natura è sicuramente una enciclopedia di usanze e di tradizioni che ancora oggi si cerca di mantenere viva trasmettendo, per quanto possibile, alle nuove generazioni la testimonianza di esperienze di un passato vissuto.

Il PINO CEMBRO o CIRMOLO è un legno pregiato, tenero, facile da intagliare e ricco di proprietà, viene usato, oltre che per la produzione di mobili e rivestimenti, anche in liquoreria, cosmetica e prodotti dolciari.

Studi scientifici hanno dimostrato come il cirmolo abbia effetti positivi sulla salute e sul benessere psicofisico dell’uomo. (Fonti dell’Istituto austriaco Joanneum Research).

Pensando ai molteplici usi del pino cembro, non poteva mancare quello per la realizzazione dei Sabot.

È un’antica tradizione della nostra Valle d’Ayas produrli, i Sabot (in patois: Tsoquè) sono zoccoli ricavati da un solo pezzo di legno.

Nascevano dalla necessità di disporre di calzature robuste e confortevoli, adatte al clima e al suolo alpino.

Oltre ad essere economici servivano a proteggersi dalla neve, dall’acqua e dal fango, il loro vantaggio era di essere caldi e asciutti d’inverno, freschi d’estate.

I sabot per gli abitanti di Ayas erano costruiti in pino cembro (in patois: aroula), mentre quelli destinati alla vendita erano solitamente in legno di abete e talvolta anche di larice.

Le forme variavano anche se la lavorazione era la stessa, i sabot da donna avevano una linea più fine con il tacco più alto, quelli da uomo erano più massicci, mentre quelli dei bambini avevano una cordicella che veniva legata alla caviglia perché non li perdessero.

La lavorazione iniziava dopo Ognissanti, quando i lavori all’aria aperta non erano più possibili a causa del freddo e della neve oppure erano giunti al termine. 

La produzione veniva normalmente svolta in coppia: uno si occupava della parte esterna, l’altro di quella interna.

Era usanza calcolare le giornate di lavoro in paia di sabot prodotti, 12 paia rappresentavano una buona giornata di due sabotier.

Il mestiere veniva tramandato da padre in figlio e l’attrezzatura di fabbricazione locale, veniva lasciata in eredità.

Le folte foreste che ricoprivano Ayas sono state in passato la maggior fonte di materia prima per i Sabotiers, una risorsa che sembrava inesauribile.

La domanda di produzione dei sabot crebbe a dismisura e portò ad uno sfruttamento eccessivo delle foreste obbligando i sabotier a emigrare in Piemonte o in altre zone della Valle d’Aosta.

In Piemonte costruivano i sabot per la popolazione contadina e si adattarono ad utilizzare le essenze locali, quali il salice e il pioppo.

COME NASCONO I SABOT:

Le fasi della lavorazione iniziano con il sezionamento del tronco (èhtrosà) a secondo della grandezza del sabot che si vuole ottenere.

Si ricavano a spacco due pezzi di legno (ehkiapà)

che verranno sgrossati con una accetta per dargli la prima forma (échapolà)

passano successivamente sul banco per essere scavati (tchavà) e in seguito lavorati nella parte esterna con un grosso coltello da banco (coutèllà).

L’ultima fase riguarda le finiture: la lisciatura della superficie esterna (asouèlà) e l’orlatura del bordo d’entrata (orlà) con piccoli attrezzi particolari.

In ultimo l’applicazione del filo di ferro di rinforzo (tzèrkià) per renderli più robusti e durevoli.

I sabotier sono stati, loro malgrado, protagonisti della grande guerra in quanto furono reclutati per fabbricare sabot per i soldati delle trincee della prima linea montana.

Oggi queste calzature sono usate principalmente a scopo decorativo, solo ad Ayas una parte degli abitanti è solito utilizzarle ancora quotidianamente.

Con l’intento di mantenere viva la tradizione è sorta ad Ayas una cooperativa dove alcuni giovani hanno voluto riscoprire e portare avanti questo antico mestiere.

Nota: tra parentesi in corsivo i termini in patois, il dialetto locale di Ayas.